Vincenzo Chiesa: comunismo e cristianesimo

Il comunismo è una teoria recente affermata nel secolo XVIII da Engels e Carlo Marx, ambedue pensatori tedeschi. Ma già prima di loro, circa 2500 anni or sono, Platone, eccelso filosofo greco, aveva affermato che le leggi della Grecia, e di Atene in particolare, non erano le più adatte al contesto sociale di allora ed aveva fornito i suoi suggerimenti nell’opera filosofica “La Repubblica”.
Platone preconizzava il comune possesso fra tutti i cittadini dei beni della terra, di modo che tutti potessero goderne senza eccezioni. Aveva addirittura supposto la comunanza delle donne fra tutti gli uomini e l’obbligo per ciascuno di contribuire col proprio lavoro al benessere della società, da lui considerata come una unica e grande famiglia. Aveva quindi delineato, seppure idealmente, le colonne portanti del comunismo legate alla vita del suo tempo e aveva scritto dunque della necessità di nuove leggi e di nuove costumanze per i Greci.

Un altro grande filosofo greco, di nome Aristotele, aveva confutato le teorie di Platone, dimostrandone l’erroneità concettuale e pratica, che avrebbe provocato danni ben superiori ai vantaggi connessi al nuovo modo di vivere nel consorzio umano delineato da Platone. Neppure il legislatore dei Greci aveva concretato in leggi il pensiero di Platone e si era limitato ad ignorarlo.

Il comunismo, come è visto ora nel XXI secolo, ritorna alle origini platoniane e intende abolire la proprietà privata. Così ha affermato l’on.le Bertinotti, leader del partito di rifondazione comunista, il quale sostiene la necessità di abolire la proprietà privata, in quanto ognuno è proprietario di tutto l’esistente e nessuno e’ proprietario di qualcosa. Questo metodo è utile affinché ogni cittadino sia proprietario di tutto ciò che esiste, anche se non ha partecipato al lavoro necessario per la sua produzione. In tal caso, nessuno sarebbe più proprietario di nulla, essendo i beni una proprietà pubblica per la creazione dei quali non è strettamente necessario il lavoro personale, che diviene però obbligatorio a pena di sanzioni se non prestato.

I comunisti odierni figurano una società in cui vi sia la libera disponibilità dei beni della terra ma non sono ancora arrivati, per ora, alla comunanza delle donne.

Essi immaginano una società nella quale ogni individuo, liberato dal desiderio di possedere e vivere nell’abbondanza, dedica tutto sè stesso e il suo lavoro al benessere della comunità in cui vive, come si trattasse della propria famiglia e dei propri figli. Insomma, il comunista è un uomo nuovo, dedito soprattutto al benessere collettivo e alieno dal benessere personale, perché quanto gli occorre per la vita può sempre procurarselo prendendolo gratuitamente da chi ne ha il possesso.

Ora viene da domandarsi se al giorno d’oggi esiste un modello di uomo con tali caratteristiche o se invece si tratti di un’utopia. I comunisti immaginano infatti un uomo diverso da quello attuale e la loro propaganda fa leva su tale concetto. Ma si arriverà un giorno a plasmare un uomo siffatto, liberato dall’egoismo e del tutto altruista?

Io non lo credo ma può darsi che tra alcune centinaia di anni sia possibile.

Anche il cristianesimo auspica da ben 2000 anni un uomo migliore. Allora il comunismo diviene quasi una religione e, come tutte le religioni, detta regole o leggi idonee ad un miglioramento del vivere sociale.

Per esempio, la religione induista induce tutti i credenti a lavarsi nel fiume Gange per mantenersi esenti da morbi o malattie, dovute alla sporcizia naturale.

La religione islamica obbliga gli aderenti a non nutrirsi di carne di maiale perché il caldo del deserto sarebbe micidiale per gli inosservanti della regola igienica.

La religione buddista invita gli uomini ad una vita corretta minacciando, in caso contrario, di rivivere un’altra vita sotto l’aspetto di un serpente o di una tigre.

Tutti gli uomini, quindi, per evitare le sanzioni minacciate nell’aldilà o per motivi religiosi o per paura, tendono, o almeno dovrebbero tendere, a condurre una vita esemplare, idonea a migliorare il vivere sociale.

Tuttavia, io credo che l’uomo nuovo non sia ancora nato ed è alquanto improbabile che nasca o che si trasformi come l’ideale utopistico vorrebbe.

Inoltre, il comunismo vorrebbe una società senza più dirigenti o capi, in quanto ognuno, osservando le regole suddette, saprebbe da solo contribuire al benessere sociale, senza coercizione alcuna, e si arriverebbe a costruire naturalmente una società anarchica, senza padroni e senza capi, ognuno conoscendo il da farsi per una vita migliore, senza la necessità di una autorità centrale.

Come si può dedurre, comunismo e cristianesimo hanno molti punti in comune, tutti fondati sull’osservanza delle regole proprie di ogni credo e senza coercizione alcuna.

Ma allora mi chiedo: si potrà arrivare ad una umanità così diversa dall’attuale e quasi simile alla vita condotta nei monasteri del francescanesimo o delle suore cattoliche, cioè senza padri ed uomini egoisti?

Come dire, i leoni e le tigri non ucciderebbero più le loro prede per poi mangiarle?

Personalmente non credo in tutte queste meraviglie che vengono promesse ai creduloni, ma dico pure che sarebbe meraviglioso se tutto ciò accadesse realmente. Più di 2000 anni sono ormai trascorsi ma nulla si e’ avverato. Lasciamo tempo al tempo e coloro che credono continuino a credere nelle utopie, almeno avranno sempre la speranza di vivere un giorno una vita migliore.

Vincenzo Chiesa

Pubblicato in I nonni raccontano.