Vincenzo Chiesa: ricordi personali del bombardamento e dell’incendio di ROMA del 19 LUGLIO 1943

Nel mese di luglio dell’anno 1943 ero a Roma per il servizio militare e, quale studente universitario, frequentavo obbligatoriamente un corso per diventare ufficiale del Regio Esercito Italiano. Noi allievi ufficiali del 15° Battaglione d’istruzione, dopo aver iniziato il corso a Pietra Ligure (Savona) eravamo stati trasferiti a Roma per concludere la prima parte del corso e, successivamente, avremmo dovuto terminarlo a Fano nelle Marche.

Il quartiere San Lorenzo centrato dalle bombe

Il quartiere San Lorenzo centrato dalle bombe

Nel luglio di quell’anno eravamo quindi ancora a Roma all’ippodromo delle Capannelle alloggiati nelle stalle dei cavalli da dove emanava un gran fetore per gli escrementi animali ormai cristallizzati e consolidati nel pavimento. La creolina, da noi soldati sparsa e sfregata più che abbondantemente sul pavimento, non aveva sortito gli effetti sperati. Così, dietro nostro reclamo, ci avevano autorizzato a montare le tende e a dormire in un praticello verde posto al confine con l’aeroporto militare di Ciampino che noi allievi ufficiali avremmo dovuto difendere nel caso di tentativi di occupazione nemica.
Ancora oggi ignoro come avremmo potuto combattere contro nemici agguerritissimi, dato che possedevamo, ognuno, solo un fucile vecchio tipo 91 e non avevamo le munizioni: decisamente era stata una guerra mal preparata, mal diretta e peggio condotta senza pensare ai soldati che dovevano combatterla.

Bombardamento dello scalo ferroviario

Lo scalo ferroviario ridotto a cumulo di macerie

Quel giorno di luglio era stato segnalato allarme aereo ed eravamo stati riforniti di proiettili per i nostri fucili: un caricatore a testa contenente 6 proiettili!
Si guardava il cielo già scuro per la notte inoltrata, cielo da cui provenivano rombi di motori. Improvvisamente piccoli aerei iniziano a lanciare razzi illuminanti, i “bengala”, che, appesi a piccoli paracadute, scendono a terra con ampie e lentissime volute circolari emanando una luce chiarissima ed abbagliante.
In un attimo terra e cielo sono illuminati a giorno e, contemporaneamente, sopraggiungono altri aerei molto più grossi: le famose “fortezze volanti” americane. Esse lanciano bombe dirompenti e incendiarie che sembrano venire addosso a noi mentre, per la velocità di lancio, cadono sulla vicina città provocando incendi in zona sud.
Ad ondate successive arrivano altri aeroplani ed altre bombe. La contraerea tace: non un aereo italiano o tedesco si alza per rintuzzare il nemico che è assoluto padrone del cielo.
Le fiamme si estendono in vari punti della città. La visione è, per me, terrificante e non tanto per paura di perdere la vita, data la distanza di una decina di chilometri, ma per la sorte della città eterna.

Vittime del bombardamento

Le vittime del bombardamento allo scalo ferroviario furono più di 1500

Ora, a distanza di molti anni, il fatto mi richiama alla mente la narrazione dell’incendio di Roma fatto appiccare dall’imperatore Nerone per avere il pathos necessario alle sue deliranti composizioni musicali. La Grande Roma, la maestra di civiltà per il mondo intero, era in fiamme e i nuovi barbari la stavano distruggendo.
Ricordo di aver provato in quei momenti una tristezza indicibile, conscio di non poter fare alcunché per contrastare l’offensiva in atto.
Pochi giorni dopo, il 25 luglio 1943, Mussolini sarebbe caduto e con lui il fascismo, ma le tribolazioni per gli Italiani sarebbero durate ancora a lungo.
L’augurio ai miei figli e alle future generazioni è che venga risparmiato quel senso di frustrazione, di vuoto e di inutilità da me provato nell’autunno del ’43.

Vincenzo Chiesa

Pubblicato in I nonni raccontano.