Battista Cherubini e la guerra in Etiopia

Il 3 ottobre 1935 l’Italia fascista dichiara guerra all’Etiopia. Il conflitto, condotto con metodi disumani e con enorme dispendio di mezzi, si concluse con esito favorevole nel maggio 1936 e così Mussolini poté proclamare la nascita dell’impero.
A molta stampa del tempo che celebrò l’evento con accenti trionfalistici, si contrappone la realtà della sofferenza, dei disagi, della paura, realtà testimoniata da chi, come Battista Cherubini, quel conflitto si trovò a combatterlo.

Gli Ufficiali del reparto di Battista Gli Ufficiali alla guida del reparto del soldato Battista.

Gli Ufficiali del reparto di Battista Gli Ufficiali alla guida del reparto del soldato Battista.

Il 21 settembre 1935, come caporale di maggiorità, fui mobilitato per esigenze Africa Orientale e, da Napoli, fui imbarcato sulla nave “Liguria”. Dopo quindici giorni di navigazione, giungemmo a Mogadiscio.
Per mancanza di strutture portuali, ci fermammo al largo e raggiungemmo la terraferma con barconi.
Io sono assegnato al terzo gruppo leggero motorizzato obici 100/17. Il comandante del gruppo è il maggiore Spinelli. Il gruppo è formato da due batterie e da un reparto munizioni e viveri.
Ci sistemiamo in baracche al campo Dux, fuori Mogadiscio, a circa quattro chilometri dalla città e qui rimaniamo due mesi.

Il 9 maggio 1936 ci mettiamo in moto per il fronte. Io sono nella colonna di centro. Il gruppo è al seguito della divisione “Libica”, affidata al generale Graziani, che ha anche la responsabilità di tutto il fronte somalo.
La divisione “Libica” era formata da soldati negri, ascari, libici e somali. Era dotata di pochi automezzi, di autoblindo, di carri armati leggeri, di fucili e di mitraglie.
Obiettivo di questa colonna era la città di Harrar.

Ricordo di essere passato per il villaggio Duca degli Abruzzi, Bulo Burti e tanti altri. Seguendo il fiume Uebi Scebeli, arriviamo a Hinna, al confine tra la Somalia e l’Etiopia.
Lasciata Hinna, entriamo in Etiopia, dove incominciano i primi guai. Bande armate di Abissini, con fucili nuovi e mitraglie, ci fanno tenere il passo.
Da dove veniva questo armamento? Sicuramente dalla Gran Bretagna.
Gli ordini del generale Graziani, comunque, sono precisi: bisogna proseguire a qualunque costo! E così si usano, su vasta scala, gas e lanciafiamme.

Più ci si avvicina alla meta, più difficile è avanzare, perché cominciano a saltare fuori Ras, che spingono bande di soldati abissini all’attacco. Ad ostacolare, poi, l’avanzata subentrano le piogge, che trasformano tutto il fronte somalo in un immane pantano.

Si lasciano numerosi soldati a presidiare al fine di garantirci i rifornimenti al seguito della Divisione.
Poi, via radio, siamo informati del fatto che il generale Badoglio è entrato in Addis Abeba. Noi, intanto, arriviamo ad Harrar e ci sistemiamo, alla meglio, sotto le tende. Rimaniamo il tempo strettamente necessario per fare, di giorno, vari rastrellamenti nella zona.
Dopo sette mesi di campagna militare sul fronte somalo, si fa ritorno a Mogadiscio, sempre al campo Dux, dove rimaniamo fino al tanto atteso rimpatrio.

Fossa comune di soldati italiani - Etiopia Etiopia - fossa comune di soldati italiani

Fossa comune di soldati italiani – Etiopia Etiopia – fossa comune di soldati italiani

Ricordo alcuni particolari di quel periodo: la posta, inviata dall’Italia per via aerea, impiegava due o tre giorni, mentre quella ordinaria, per via mare, quasi un mese.
Il collegamento fra l’Africa Orientale e la madre patria avveniva con estrema difficoltà attraverso il canale di Suez, per il cui transito bisognava pagare un pedaggio in oro agli Inglesi. Vi ricordate il “donare l’oro alla patria”? Ecco, serviva anche per questo!

Quando, terminata la guerra, potei ritornare, prima con la nave “Piemonte” poi con il treno, al mio paese, mi fu pagato un premio di smobilitazione di lire 500.
Girando e rigirando tra le mani il congedo illimitato, più volte mi chiesi: “A che cosa è servita la conquista dell’impero?” e invariabilmente la risposta fu: “A fare…tante vittime!”
Non passarono, infatti, nemmeno quattro anni e…fummo scacciati dall’Africa.

 

Ecco, di seguito, alcune cartoline dall’Africa Orientale

Pubblicato in I nonni raccontano.