Vincenzo Chiesa: Pierrot

Un racconto di Victor Hugo liberamente riscritto da Vincenzo Chiesa.

Pierrot, in italiano Pierino, era un bambino di 3/4 anni che viveva felice nella sua casa in una cittadina francese.
Il suo papà e la sua mamma gli volevano tanto bene e lo facevano sempre giocare. Il bambino era allegro e contento perché tutti si occupavano di lui: la sera aspettava sempre papà che, tornato dal lavoro, lo prendeva in braccio, giocava con lui tenendolo sulle ginocchia e gli insegnava a camminare con il pretesto di inseguire una palla di gomma. Anche la mamma non aveva occhi che per lui e lo accontentava in ogni suo desiderio.

Un brutto giorno, però, la mamma, che era già ammalata, morì. Il papà, non potendo contemporaneamente accudire alla casa, recarsi al lavoro ed educare il bambino, si sposò di nuovo con un’altra donna che pure aveva un bambino, Alain, della stessa età di Pierrot.

Così iniziarono tempi tristi per Pierrot. La nuova mamma si rivolgeva sempre con amore al suo bambino e trascurava Pierrot il quale, pur essendo piccolino, percepiva il cambiamento avvenuto nella sua vita, prima gioiosa ed ora triste e infelice.
Ella aveva per Alain parole dolci come “tesoro”, “luce degli occhi miei” e lo coccolava in ogni momento; con Pierrot, invece, era sgarbata e spesso lo scacciava con l’espressione “brutto e cattivo: vai via!”.
Ella lo lasciava su una sedia per tutta la giornata e guai se si lamentava o piangeva disturbando Alain, che era allegro e gioioso. La sera, poi, al marito di ritorno dal lavoro, raccontava che Pierino era stato cattivo; così anche il papà lo rimproverava e non giocava più con lui.

Il piccolo piangeva, singhiozzava e si chiudeva sempre più in un mutismo disperato.
Ma ecco che un giorno venne alla casa di Pierrot il nonno, che si rese subito conto di quanto stava accadendo al piccolo cui voleva molto bene e decise di aiutarlo.
Lo andava a prendere tutti i giorni, lo portava al parco pubblico dove erano installati i giochi per i bimbi, lo faceva giocare e gli dimostrava un grande affetto come quello del papà e della sua vera mamma.
Pierrot era ridiventato un bambino allegro e felice e non si staccava mai dal nonno, considerato ormai il suo secondo papà. Con il nonno, egli giocava al pallone, si divertiva come ai bei tempi e faceva amicizia con gli altri suoi coetanei; insomma si sentiva nuovamente un bambino felice.

Ma purtroppo arrivò il giorno in cui anche il nonno, già di età avanzata, morì.
Al funerale c’era molta gente e subito dietro il carro funebre c’era Pierino che camminava guardando per terra, triste e sconsolato. Aveva capito che il nonno non sarebbe più venuto ad accompagnarlo e che per lui sarebbe ricominciata la vita di prima, con la nuova mamma che non gli voleva bene ed il papà che era succubo della moglie.

Giunse l’inverno e con l’inverno tanto freddo e tanta neve.
Una mattina, dopo una intensa nevicata notturna, il bambino non venne trovato nel suo lettino. Si cercò di qua e di là ma di lui non c’era traccia. Finalmente alcuni suoi parenti notarono tracce di piedini nella neve fuori della porta di casa: seguirono le tracce che portavano al cimitero e trovarono il bambino vestito della sola camicia da notte, ormai morto ma con le manine aggrappate al cancello di ferro dell’ingresso.
A qualcuno era parso di sentire nella gelida notte il fievole pianto di un bambino e le parole ”Nonno, nonno, vieni; sono io, sono il tuo Pierrot!”, ma nessuno aveva lasciato il caldo letto per soccorrere quella infelice creatura.

Pralboino, 7 luglio2005

Liberamente tratto da un racconto francese di Victor Hugo

Vincenzo Chiesa

Pubblicato in I nonni raccontano.