Vincenzo Chiesa: lezione di economia politica “quota 90, Mussolini rivaluta la lira italiana”

PREMESSA
Oikos nomos polis è un termine greco divenuto ora internazionale:
OIKOS significa CASA; NOMOS significa LEGGE o REGOLA; POLIS significa CITTA’ o STATO.
Quindi la traduzione italiana è: “legge o ”regola” della casa oppure della città intesa questa come stato o comunità; in breve possiamo dire “Economia politica” o “Politica economica”.
Un’applicazione interessante di politica economica è stata attuata in Italia durante la dittatura fascista di Benito Mussolini ed è conosciuta comunemente col nome di Quota 90”.
Anche a quel tempo nel commercio vigeva tra le varie nazioni il sistema cosiddetto ”aureo”, ossia i rapporti commerciali erano fondati sull’oro e sulle monete di carta filigranata: si comperava dall’estero pagando in oro e si vendeva all’estero ricevendo oro.
Il trasporto dell’oro era però disagevole per il suo peso e per il suo ingombro; quindi venne studiata un’altra forma di pagamento più snella che trasformava, per così dire, l’oro in carta, ottenendo un sistema accettato gradualmente da tutti i Paesi del mondo e chiamato “gold exchange”.
Ogni Paese emetteva una propria carta-moneta nella quantità necessaria e corrispondente ai bisogni della Nazione ma la Banca Centrale o Banca di Stato di quel paese doveva accantonare contemporaneamente nei suoi forzieri un quantitativo di oro corrispondente al valore nominale dei biglietti di carta messi in circolazione. Le persone anziane ricordano ancora il biglietto italiano da lire mille sul quale era stampigliato l’avvertimento che era possibile commutare quella banconota in oro semplicemente presentandola ad uno sportello della Banca d’Italia per riceverne in cambio tanto oro corrispondente al valore nominale della stessa.
Possedere biglietti di banca, quindi, era lo stesso che possedere l’equivalente in oro.

CONSEGUENZE DELLA 1^ GUERRA MONDIALE
Le forti spese sostenute dallo Stato Italiano durante i lunghi e sanguinosi anni del conflitto 1915-1918 avevano diminuito enormemente la quantità di oro ammassato nelle casse della Banca Centrale. Tali spese, in particolare, erano state finanziate con ingenti prestiti da parte degli USA, i quali detenevano quasi tutto l’oro del mondo a causa delle loro forniture ai Paesi belligeranti.

QUOTA 90
Dopo la guerra vinta contro gli Imperi Centrali la lira si era svalutata del 20% rispetto al periodo anteguerra, arrivando alla quotazione di 130 £. con punte fino a 153 £. e ciò era pregiudizievole per l’Italia ed anche per il fascismo che la dirigeva.
Mussolini lanciò la parola d’ordine del raggiungimento della Quota Novanta, ovvero 90 lire per ogni sterlina. Consigliato dai suoi esperti, ordinò che la “zecca di stato” stampasse un notevole quantitativo di carta-moneta senza accantonare il corrispondente quantitativo in oro. Era certamente un atto truffaldino perché, dopo tale operazione, la moneta cartacea non era più garantita in toto dal metallo aurifero.
La lira italiana si svalutò ulteriormente e l’economia italiana perse credibilità agli occhi del mondo intero: ogni emissione di monete cartacee senza l’accantonamento del corrispondente valore in oro determinava altra svalutazione della lira ed altra inflazione. Il suo valore sul mercato estero diminuiva sempre più perché non era più una moneta affidabile.
Dopo tale operazione la moneta cartacea non rappresentava più l’oro di garanzia stabilito dalla legge e dagli accordi internazionali, per cui la moneta cartacea italiana in circolazione rappresentava un minor quantitativo di metallo pregiato ed il biglietto da lire 1.000, ad esempio, non poteva più essere commutato alla pari con l’oro, ma al 90% o forse anche meno.
Il cambio era divenuto oscillante con tendenza sempre più negativa: l’Italia era considerata, all’estero, una Nazione insolvente e faticava sempre più ad importare dall’estero non potendo pagare in oro. La quasi assenza di importazioni, specialmente di materie prime, ostacolava anche le esportazioni, dato che l’Italia possedeva industrie di trasformazione ma ben poche risorse minerarie. Il carbone, il ferro, la lana, il cotone, il petrolio ecc dovevano essere acquistate dall’estero ma poche nazioni ormai erano disposte a fare credito al nostro Paese.
Allora, per compensare le minori importazioni e per rendere la Nazione indipendente dall’estero venne proclamata la così detta “Autarchia”: obbligo di consumare solo prodotti italiani, fabbricazione di prodotti succedanei a quelli normalmente usati prima. Basti qui ricordare il “caffè” che venne sostituito dalla cicoria ed il “lanital” che, ricavato da latte bovino, sostituiva la vera lana ovina.
L’economia nazionale era alle corde e, come ciò non bastasse, ecco sopraggiungere il crollo della borsa di New York nel 1929.

LA CRISI DI WALL STREET
Wall Street: Wall in inglese significa muro mentre Street significa via; il nome “Via del muro” deriva dal fatto che circa 300 anni or sono in quel posto di Manhattan venne costruito un muro per difendere la città, che allora si chiamava ”Nuova Amsterdam“, dai continui assalti degli indiani pellirosse.
Gli Stati Uniti, fornitori di tutte le nazioni in guerra, si erano arricchiti enormemente e continuavano ad arricchirsi grazie alle loro esportazioni che superavano di gran lunga le importazioni. La conseguenza era che ogni giorno le azioni delle diverse e importanti società americane crescevano di valore commerciale e quindi gli azionisti di tutto il mondo investivano in borsa i loro capitali nella certezza di forti guadagni: tutti comperavano azioni, persino le cameriere!
Ma un brutto giorno dell’ottobre 1929 gli studiosi di mercato e di economia evidenziarono che il valore delle azioni in circolazione non corrispondeva più al valore effettivo delle aziende cioè al loro capitale netto e resero pubblici i loro studi con dimostrazioni appropriate.
Allora gli investitori in azioni, presi da timore, cominciarono a vendere grandi quantità di titoli, provocandone una rapida diminuzione del prezzo. Coloro che vendevano speravano così di salvare un parte del capitale investito. Purtroppo le vendite continuarono vertiginosamente e cominciarono i primi fallimenti negli USA e poi in molti paesi europei. battaglia del grano

CONCLUSIONE

Vincenzo-Chiesa-battaglia_grano_aNel 1927 la lira venne rivalutata rendendo 90 lire equivalenti a una sterlina, (la cosiddetta “quota 90″); questo favorì le aziende chimiche, siderurgiche e metallurgiche italiane in quanto potevano acquistare all’estero materie prime a minori costi, ma danneggiò le esportazioni di altri settori produttivi.
Dopo la crisi internazionale del 1929, il Fascismo aumentò le commesse pubbliche all’industria, aggiunse nuove imposte e diminuì i salari che diventarono i più bassi d’Europa. Vennero effettuate inoltre sovvenzioni alle industrie, bonificate le paludi pontine, si diede impulso all’edilizia pubblica e si potenziò la rete stradale. Per ottenere maggiore disponibilità finanziaria il governo ricorse a più pesanti imposte dirette e al prestito littorio, utilizzando i denari che i piccoli risparmiatori avevano depositato nelle banche.
Questo regime protezionistico creato dallo stato (autarchia) si proponeva di rendere l’Italia economicamente indipendente, perché in caso di guerra non bisognava dipendere da commerci con gli altri stati; si incrementò quindi lo sfruttamento dell’agricoltura (battaglia del grano, bonifiche di zone paludose) e del sottosuolo per tentare di ridurre l’importazione delle materie prime.

Pralboino, 20 gennaio 2005

Vincenzo Chiesa

Pubblicato in I nonni raccontano.