Vincenzo Chiesa: la marcia della giovinezza

Il 10 giugno dell’anno 1940 ero sul lago di Garda, precisamente sul lido di Padenghe con i miei amici e con mio cugino Guido Chiesa.
Tutti si era in attesa di un discorso del Duce da Piazza Venezia (Roma); proprio da quel balcone Mussolini era solito affacciarsi per parlare ed infiammare i cuori degli Italiani con i suoi discorsi da autentico tribuno.
In quell’arringa il duce diede l’annuncio, per altro già da tempo atteso, dell’entrata in guerra dell’Italia.
Da tutta piazza Venezia si alzarono alte grida di approvazione, anche perché egli era un bravissimo oratore e sapeva far breccia nel cuore degli ascoltatori.
Tra le altre cose, si chiedeva la capitolazione delle potenze democratico-giudaico- plutocratiche (Francia, Inghilterra, ed USA), accusate di manovrare l’economia del mondo intero e si voleva che anche l’Italia, paese proletario, avesse il suo meritato posto nel mondo.
Anche il Giappone faceva le stesse richieste per i medesimi motivi. La Germania invece voleva la rivincita sulla prima grande guerra da essa persa con grande scorno di Hitler che considerava il popolo tedesco come il primo del mondo e quindi destinato a comandare e governare il mondo intero per gli anni futuri.

In piazza Venezia vi era una gran folla e soprattutto un grande numero di camicie nere e reparti della Milizia Fascista.
All’annuncio del Duce, tra la folla scoppiò un festante grido collettivo di approvazione e di entusiasmo.
Io stesso, che avevo allora 18 anni ed ero ancora studente, fui contento mentre mio cugino Guido manifestò subito la sua disapprovazione motivandola con la scarsa dotazione di armi della nostra nazione.
Guido aveva ragione ed io torto ma allora non si sapeva ancora.

Dopo l’avvio delle operazioni di guerra, tutti gli Italiani erano in attesa delle prime vittorie del nostro esercito; arrivarono, invece, i primi insuccessi come l’affondamento di una grossa nave corazzata e di un incrociatore ancorati nella baia di Taranto, porto evidentemente non ben sorvegliato se aerei inglesi lanciasiluri poterono entrarvi e ritornare assolutamente indenni alle loro basi.
Altro fatto negativo per l’Italia fu la battaglia navale notturna di Capo Matapan dove le nostre forze navali furono sconfitte dalle navi inglesi che affondarono o danneggiarono alcune importanti unità della nostra flotta.

Quest’ultima perdita, in verità, non fu causata da inferiorità dei nostri marinai e comandanti bensì dal fatto che gli inglesi possedevano il radar, mentre le nostre navi ne erano sprovviste e nella notte dovevano sparare alla cieca, orientandosi solo con il fuoco dei cannoni nemici.
Gli inglesi, dotati di radar, individuavano con assoluta precisione i nostri navigli e sparavano a colpo sicuro.
L’episodio, comunque, era la prima, evidente dimostrazione della nostra inferiorità tecnico-militare.

Di fronte all’esito infelice dei primi scontri bellici, si rese necessaria una dimostrazione propagandistica per infondere fiducia negli italiani.
Venne così ideata la “marcia della giovinezza” dei giovani fascisti prevalentemente nati nel 1922. La marcia era una lunga passeggiata a piedi da Venezia a Torino e i marciatori erano tutti ragazzi diciottenni che durante il giorno camminavano e di notte riposavano in tende militari, mangiando pane e carne in scatola.
Lungo il tragitto essi vennero osannati dalla popolazione che li attendeva e già vedeva in loro degli eroi pronti a combattere per la loro terra.
Dirò che quella marcia ebbe un grande successo anche perché vi aderirono altri numerosi giovani, attratti dalle ovazioni della folla e/o dalla consapevolezza della difficile situazione dell’Italia.

Pralboino, 19 luglio 2005

Vincenzo Chiesa

Pubblicato in I nonni raccontano.