Vincenzo Chiesa: il prof. Vicini di francese

All’età di 14 anni circa frequentavo la scuola denominata Istituto Tecnico Inferiore, presso il Collegio Cesare Arici di Brescia situato in via Trieste. Ora quel collegio è sede dell’Università Cattolica di Brescia.
A quel tempo l’istituto tecnico era suddiviso in due branchie: l’istituto tecnico inferiore e l’istituto tecnico superiore, ambedue della durata di 4 anni
Con il diploma inferiore si poteva accedere ad un’altra scuola tecnica superiore dove si apprendeva una professione di natura tecnica quale ragioniere, geometra, perito industriale, perito agrario, perito chimico ecc.
Per accedere a scuole più impegnative di natura culturale era invece necessario avere frequentato, positivamente, il ginnasio che dava poi adito al Liceo Classico o al Liceo Scientifico.
Per inciso faccio presente che, con l’entrata in vigore in Italia delle leggi razziali, gli ebrei non potevano frequentare il liceo classico e ciò per evitare che la futura dirigenza del paese fosse affidata ad una razza ritenuta inferiore; eppure, a conferma dell’assurdità di quel divieto, tutti erano a conoscenza che la gran parte dei premi Nobel venivano attribuiti a persone ebree o di sangue misto.Con il diploma liceale classico o scientifico si poteva poi accedere alle università che erano e sono il massimo grado del sapere scolastico.

Quando frequentavo l’istituto tecnico inferiore, avevo circa 14-15 anni, e i miei genitori, non poveri ma nemmeno ricchi, non potendo farmi proseguire gli studi al liceo e poi alla costosa università, scelsero, per me, una scuola più modesta ma atta a procurarmi un lavoro decoroso: mi proposero di diventare ragioniere e mi iscrissero alla scuola del Collegio Arici, che era poco distante dalla nostra casa.
Il Collegio era condotto dai Padri Gesuiti, che erano sacerdoti molto istruiti e tendenzialmente votati alla istruzione e all’educazione dei figli della medio-alta borghesia.
All’Istituto Tecnico Inferiore si studiavano l’italiano, la matematica, l’algebra, il latino e la lingua francese, che a quei tempi era lingua universale come oggi lo è l’inglese.
Il mio professore di francese era appunto il prof. Vicini che intendo qui ricordare e descrivere.

Egli era un uomo di piccola statura assomigliante più ad una macchietta che ad un insegnante severo. Vestiva sempre in modo inappuntabile con abiti neri, camicia bianca sempre stirata a perfezione.
Il suo lato umoristico era quello di indossare sempre, estate ed inverno, le uose (le cosiddette ”ghette”) di colore bianco sopra le scarpe nere. Ai polsi della camicia portava i gemelli d’oro, la cravatta era sempre intonata all’abito e alle volte era anche svolazzante alla moda degli artisti e pittori che vivevano a Parigi nel rione di Montmartre, dove personalità italiane (Pietro Nenni, Sandro Pertini ed altri ancora) avevano trovato rifugio dalle persecuzioni fasciste di quei tempi.
Il prof. Vicini era, ai nostri occhi di studenti in erba, un uomo che viveva al di fuori dell’epoca, segnata dal fascismo imperante che imponeva alle persone virtù militari, fede, obbedienza assoluta e devozione al fascismo (il tutto condensato nella frase affissa sui muri delle case che così recitava: ”CREDERE, OBBEDIRE, COMBATTERE”.
Ebbene il prof. Vicini non aveva nulla della ideologia fascista: parlava con la erre moscia ed amava l’eleganza, facendo sfoggio della lingua francese, che conosceva molto bene.
Ancora oggi a distanza di 70 anni ricordo piacevolmente il prof. Vicini ed un sorriso mi viene spontaneo ogni volta che ripenso al suo modo elegante di vestire e di atteggiarsi.

Una ultima cosa debbo dire del prof. Vicini: egli, a differenza degli altri professori, non dava del “tu” ai suoi allievi ma del “lei” oppure, più riguardosamente, faceva precedere il cognome dall’appellativo “signor” ovvero “monsieur”. Questo sottolineava la differenza del suo eloquio rispetto a quello degli altri insegnanti che, fascisticamente, ci apostrofavano con il cameratesco “tu”.
Il prof. Vicini da noi tutti era rispettato e benvoluto: egli non dava mai voti inferiori al 6 e non bocciava nessuno!
Addio prof. Vicini! La ricordo sempre con simpatia: da lei ho imparato molto bene il francese, che mi è stato utile all’istituto tecnico superiore, all’università ma anche nel mio lavoro di commercialista.

Pralboino, 29 maggio 2006

Vincenzo Chiesa

Pubblicato in I nonni raccontano.