Domenico Margini: vent’anni di fascismo

Mi ricordo che all’età di sei o sette anni assistetti al mio paese ad un comizio di Filippo Turati, naturalmente senza capire nulla di quello che quel signore diceva con tanta foga. Un pò impaurito davo la mano a mio padre che alla fine mi disse con una certa solennità: “Ti raccomando, quando sarai adulto, di ricordarti di non interessarti mai di politica, ma pensa solo alla tua famiglia!”
Ho sempre cercato di seguire gli insegnamenti di mio padre, anche se spesso non è facile starsene fuori: vieni coinvolto comunque. Come tutti quelli, me compreso, che per poter lavorare dovevano iscriversi al P.N.F.: la tessera o il licenziamento.
La mia famiglia non era certamente fascista, ed in particolar modo mio fratello Andrea che, per essere repubblicano, ebbe un sacco di guai e di… botte.

Vi voglio raccontare del mio primo “libero” voto nell’era fascista. La sede delle votazioni era vicino al cinema Crociera in corso Zanardelli. Sapevo che per votare mi avrebbero dovuto consegnare due schede: una con la scritta SI’ ed un’altra con la scritta NO. Si sarebbe dovuto mettere nell’urna quella preferita.
Mi presentai alla sede dove un certo Ragni, ben conosciuto da tutti come un furioso picchiatore, mi consegnò la sola scheda con la scritta SI’. Ingenuo, feci le mie rimostranze, pretendendo anche la seconda scheda. Le sue parole furono queste: “Vedi quell’urna là in fondo al tavolo? Mettici la scheda che ti ho dato! Se non lo fai ti riempio di botte che te ne pentirai per un pezzo.”

Per fortuna non tutti i fascisti erano come quel Ragni. Per ragioni familiari e di lavoro ebbi ad incontrare molte persone convinte dell’ideologia fascista, ma che dimostrarono di essere oneste e molto gentili. C’era anche tanta brava gente in quel partito.
E qui mi è caro ricordare il maggiore degli alpini Rambaldini, il quale era presidente delle mutue presso il palazzo dei sindacati in piazza Roma (ora della Repubblica). Il palazzo era di nuova costruzione ed era stato costruito nel luogo dove prima era posto il monumento a Giuseppe Zanardelli. Il popolino sussurrava: “Han portato via un galantuomo per metterci un palazzo di ladri”.
Il maggiore, con il quale ebbi rapporti di lavoro e di amicizia, mi diceva sempre: “Vedi, caro Domenico, se dovessimo trattenere a Brescia anche solo la metà dei soldi raccolti in questa città io potrei mandare tutti gli anni i miei mutuati un mese al mare ed uno in montagna. Chissà che fine faranno quelli spediti a Roma?” (Non c’è nulla di nuovo sotto il sole!!)

Ricordo anche un altro caro amico infatuato per l’ideologia fascista, ma galantuomo: il rag. Mario Colombini, che era a capo dell’Istituto di Vigilanza Notturna di Brescia. Anche con lui ebbi rapporti di lavoro e di amicizia.

Mio fratello Andrea, antifascista!
Una sera, mentre andavo verso il cinema Crociera con la mia fidanzata, incontrai un gruppetto di persone che se le dava di santa ragione. Osservai in particolar modo un tipo robusto e alto come una torre che mi sembrava di conoscere. Era mio fratello Andrea che picchiava come un forsennato. Spedii a casa la fidanzata e mi buttai in mezzo ai contendenti, riuscendo a toglierlo dalla mischia e a portarlo a casa.
Come ho già detto in precedenza, mio fratello era repubblicano ed ostentava all’occhiello della giacca un distintivo con l’edera, simbolo di quel partito. Ciò irritava i fascisti che non lo potevano sopportare.

Qualche giorno dopo mi recai in castello e mi presentai all’onorevole Augusto Turati che, dopo aver consultato una cartella piena di fogli, mi disse: “Tu sei Domenico Margini e contro di te non abbiamo nulla. Conosco bene la tua famiglia e so che siete brava gente. Voglio quindi aiutarvi. Quell’asino di tuo fratello mi combina sempre guai e un giorno o l’altro può finire male. Bisogna che sparisca per un pò! Domani mattina mandalo al comando in piazza della Loggia dove troverà tutti i documenti per l’espatrio: andrà a lavorare in Francia”.
E così fu. Mio fratello Andrea lavorò in Algeria e a Parigi. Ritornò in patria durante la guerra e morì sotto uno dei bombardamenti subiti dalla città di Brescia.

Ebbi altri grattacapi con i fascisti a causa della famiglia di mia moglie. Agli inizi del fascismo mio cognato era vicesegretario del circolo comunista di Porta Cremona e mia suocera teneva ordine e pulizia nei locali. Erano perciò scritti sul libro nero e dovevano essere puniti. Mi rivolsi all’amico Mario Colombini che, con grande abilità, riuscì a sistemare la faccenda, allontanando definitivamente la tempesta che si stava abbattendo sulla famiglia di mia moglie.

Durante la guerra il mio amico Astolfo Lunardi mi coinvolse nella lotta antifascista. Incominciammo con l’organizzare la fuga verso la Svizzera dei piloti inglesi e americani, lanciatisi con il paracadute dopo che i loro aerei erano stati abbattuti. I Tedeschi li cercavano per farli prigionieri.
Per i nostri ricercati poi io stampavo carte di identità false mentre un certo Mario Marinoni falsificava i timbri. Con gli autocarri della Soc. Elettrica Bresciana mandavamo in montagna sacchi di farina e altri viveri che viaggiavano nascosti sotto i materiali elettrici necessari agli operai per i loro interventi.
Nei giorni della liberazione io, l’amico Bigio di Tremosine e l’ing. Cozzaglio ponemmo mine in quasi tutte le gallerie della Gardesana per fermare la fuga dei Tedeschi. Per fortuna non fu necessario farle brillare.

In questo intenso periodo di lotta antifascista e partigiana l’amico Lunardi dormì nella cantina del mio negozio fino all’ultima sua sera di libertà. Gli avevo vivamente raccomandato di non uscire quella sera allo scoperto perché lo stavano cercando. Fu inutile insistere. Disse che mentre cercavano lui avrebbero lasciato in pace gli altri. Uscì… e lo arrestarono! Dopo alcuni giorni fu fucilato al poligono di Mompiano.
La morte del caro amico mi rattristò molto. Alla liberazione la nostra grande gioia per la definitiva caduta del fascismo e per la fine della guerra fu certamente attenuata dal ricordo di tanti nostri amici che avevano sacrificato la loro vita per la nostra libertà.
Il ricordo di Astolfo Lunardi è sempre presente nel mio cuore anche se sono passati tanti anni.

Domenico Margini

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