Domenico Margini: un grave lutto

Dovrei parlarvi di Carpenedolo ancora per molto, ma non volendo tediarvi troppo mi limiterò a raccontare di questo fatto che mi rattristò moltissimo.
Si era nel lontano 1929. Eravamo alla vigilia della fiera che si faceva ogni anno ad agosto. Un amico, che doveva venire a caccia con la compagnia, disse di non avere la bicicletta a posto e di non poter venire quindi con noi fino al ponte del Chiese. Pronti per la caccia eravamo io, Sirio Lodetti, Renzo Restelli e questo Giuseppe. Restelli spiegò a Giuseppe come avrebbe dovuto aggiustare la bicicletta: prendere un filo di ferro, collegarlo al canotto della bicicletta, legarlo alla sella e poi con un pezzo di legno infilato nel filo avvitare con forza.
Così, tra una risata e l’altra, la bici fu aggiustata e potemmo partire per la nostra sospirata battuta.

In attesa del passo delle anatre ci dividemmo appostandoci, due per parte, alla “morta del Lughet” (che era una palude).
Vi fu un buon passo di alzavole e di altri uccelli. lo mi trovavo vicino a Giuseppe che, pur avendo un sacco di selvaggina sulla testa, non prendeva nulla in quanto faceva sempre “cilecca”, cioè il fucile non sparava ed era certamente difettoso!
Alla fine della cacciata riprendemmo le biciclette che avevamo lasciato nei pressi della sponda e, divertìti, guardavamo Giuseppe che era alle prese con la sua scassata bicicletta. E così mentre si rideva allegramente avvenne la tragedia: il fucile di Giuseppe, forse non tenuto bene, cadde a terra e lasciò partire un colpo che maledettamente colpì in pieno l’amico Restelli.
Descrivere quei momenti non è facile. Lo tenevo tra le mie braccia mentre lo vedevo morire. Giuseppe, sconvolto all’inverosimile e credendosi responsabile, voleva gettarsi nel fiume per affogarsi. Lodetti lo fermò in tempo e lo pregava di correre in paese a chiedere aiuto. Andava però dalla parte opposta. Lo richiamai indirizzandolo dalla parte giusta e pregandolo di avvisare il prete e i carabinieri.

Dopo molto tempo, che mi parve un’eternità, vennero i carabinieri con gli aiuti. Caricammo il ferito su di una barella e ci incamminammo verso il paese. lo gli tenevo la mano e, mentre andavamo, mi accorgevo che pian piano se ne stava andando.
Giunti in paese, il maresciallo dei carabinieri ordinò di portarlo subito all’ospedale. Gli dissi che l’amico era già morto e che andava portato a casa.
Potete immaginare l’impressione che in paese fece la notizia. Povero amico: aveva solo vent’anni!
Allestimmo la camera ardente. Ci ricordammo poi del suo cane e ci mettemmo a cercarlo ma senza esito. Lo trovammo il giorno del funerale rannicchiato sotto il catafalco, proprio vicino al suo padrone.
Era un caro amico Renzo Restelli! Lavorava alle officine meccaniche O.M. di Brescia e spesso, prima di ogni caccia, si fermava a casa mia per preparare le cartucce.
Lo ricordo con affetto e quando lo penso mi viene ancora un nodo alla gola.

Domenico Margini

Pubblicato in I nonni raccontano.